Erano i primi giorni di marzo, squillava il telefono: era il presidente di un’associazione locale: “Una casa famiglia ucraina sta scappando dalla guerra. In Villa Savardo c’è la possibilità di accoglierla?”. Un giro di sguardi tra Michele, direttore, e suor Letizia, religiosa responsabile della Comunità suore. Mani e braccia che si aprono, una risposta sicura: “Certo, li aspettiamo”. E’ così che è iniziata l’accoglienza di 11 ucraini in Villa Savardo, un’esperienza che ha toccato il cuore di chi in questi mesi li ha incontrati.
Con il loro arrivo, il parco della villa si è subito animato, ancora più del solito: bambini che correvano in bicicletta, giocavano a palla, parlando una lingua incomprensibile. Qualcuno di loro ha presto preso confidenza con noi adulti cercando i nostri abbracci e provocandoci con scherzetti, altri più riservati sono entrati nella nostra grande famiglia più in punta di piedi. Negli occhi dei ragazzi più grandi leggevo preoccupazione, tristezza, tanta rabbia per la situazione che il loro Paese stava vivendo. La fuga non è mai una scelta, è una necessità indotta da altri. Nella fuga senti di non avere più il controllo della tua vita, ora mossa dal potere altrui. Nella fuga senti di aver lasciato una parte di te stesso a casa, e non vedi l’ora di poter tornare per ricomporne i pezzi. O almeno questo mi pareva di leggere in quegli sguardi cupi…
Infatti appena arrivati, dopo un lungo viaggio, il loro bisogno è stato subito chiaro: volevano proseguire la propria vita in attesa di poterla riprendere quanto prima…non ricominciarne un’altra. Così fin dai primi giorni i bambini si sono impegnati nello studio attraverso la didattica a distanza insieme ai loro insegnanti e compagni ucraini. E subito sono ripresi i ritmi della routine familiare: turni per preparare la tavola e lavare i piatti e per svolgere le altre faccende di casa: sempre un bambino più piccolo con una persona più grande.
Suor Svitlana, la responsabile del gruppo ucraino parla bene l’italiano e questo ci ha facilitato molto nel comprendere i bisogni del gruppo e trovare insieme soluzioni. Ancor più ci ha permesso un dialogo per una condivisione dei pensieri e delle preoccupazioni. Mii ha colpito la sua capacità organizzativa, la sua dolce fermezza nell’educare i bambini, soprattutto quelli più piccoli o con fragilità personali. Penso che il sorriso sia una sua scelta di vita: non so se per reagire alle difficoltà dando a se stessa e ai bambini coraggio o per celare la fatica, ma lo indossa sempre, anche nei momenti difficili.
Nell’incontro con queste suore e questi bambini ci si rende conto come la fede abiti in loro, sostenendoli, orientandoli, segnando le loro giornate. Anche nei giovani la preghiera non è un’abitudine, una filastrocca scaramantica o un’imposizione: è la roccia solida su cui costruire la propria vita. Questo aspetto ha messo in discussione la mia impolverata relazione con il Padre provocando in me nostalgia verso una profonda spiritualità e una reale e concreta fiducia in Dio.
Durante l’estate i bambini hanno frequentato i centri estivi e altri laboratori e attività organizzati in paese e hanno studiato l’italiano per favorire la relazione con i coetanei italiani.
Non tutto è stato semplice in questi mesi: la gestione degli aspetti amministrativi e burocratici, la difficoltà di dare un senso al tempo trascorso qui per i ragazzi più grandi, impazienti di tornare in patria… la cosa bella però è che abbiamo trovato una collaborazione davvero preziosa da parte del territorio: particolarmente preziosi sono stati le associazioni di volontariato e singoli cittadini che ci hanno sostenuto in questa esperienza sia attraverso donazioni sia attraverso un’altrettanta concreta condivisione di idee, pensieri, strategie, preoccupazioni. Anche le Istituzioni si sono dimostrate collaborative, seppur nella difficoltà dell’emergenza. Questa grande rete che si è attivata è stata preziosa per rendere possibile e sostenibile un’accoglienza così “speciale” e numerosa in Villa Savardo. Credo che raramente in passato ci sia stata un’attivazione così ampia del pubblico e del privato sociale nonché di famiglie e singoli cittadini per l’accoglienza di fratelli in fuga da tragiche situazioni umanitarie: ora credo sia necessario e prezioso strutturare questa rete, potenziarla, affinché sia sempre pronta per essere attivata anche in future crisi geopolitiche e umanitarie.
Siamo a metà settembre e dopo sei mesi è arrivato il momento di salutare questi nostri nuovi amici. Hanno preso una decisione importante, difficile: quella di ritornare a casa e tentare di continuare le loro vite in una nuova precaria normalità nella speranza e nella fiducia che possa presto tornare la pace. E’ stato difficile accompagnarli a prendere il pullman che li avrebbe riportati in Ucraina. Speravo potesse accadere salutandoli con la completa serenità di lasciarli andare, certa che trovassero una situazione sicura, una volta che la guerra si fosse conclusa. Ma la scelta è stata quella di partire, nonostante tutto. Fuggire è stata una necessità, tornare finalmente una scelta. Per quanto difficile, una Scelta.
Rimangono nel cuore i saluti con tutti gli operatori e i bambini accolti in Villa Savardo, abbracci di affetto e di riconoscenza reciproca dei momenti trascorsi insieme. Sorrisi pieni di gratitudine e speranza, ma anche di preoccupazione, e pregustata nostalgia.
Suor Svitlana, suor Mariia, Andrii, Oleksandr, Vasyl, Alona, Mykhailo, Illia, Daria, Ruslan, Vasylysa hanno lasciato in ognuno di noi una delicata impronta che custodiremo nel nostro cuore. Ora continueremo ad accompagnarli con il pensiero e la preghiera nella speranza di poterli incontrare di nuovo in tempi di pace.
Marta Borin